MODULO 1: INTRODUZIONE ALLA RADICALIZZAZIONE
“La Radicalizzazione si riferisce ad un processo a breve o a lungo termine in cui le persone aderiscono a posizioni estremiste o legittimano le proprie azioni sulla base di ideologie estremiste”.
(Governo danese, 2016: “Prevenire e contrastare l’estremismo e la radicalizzazione. Piano d’azione nazionale”)
Il concetto di radicalizzazione è stato sviluppato per capire perché i giovani, che sono nati e cresciuti nei paesi democratici occidentali, portino avanti azioni di terrorismo in Europa come terroristi nativi (home-grown) – e anche cosa ha spinto i giovani ad andare in Siria e in Iraq per combattere per la Jihad come combattenti stranieri (foreign fighters).
In termini di chiara concettualizzazione, non esiste una definizione comunemente accettata di radicalizzazione ed estremismo tra i ricercatori ed i politici. Così, non è soltanto una questione di radicalizzati/adescatori reali o on-line che seducono individui vulnerabili in un processo che conduce all’estremismo violento. Tuttavia, si è d’accordo sul fatto che nessuno si radicalizza nel giro di una notte e nessuno è motivato da un unico fattore scatenante. Al contrario, la radicalizzazione è percepita come un processo, in cui gli individui sviluppano gradualmente credenze e atteggiamenti che partono nel radicalizzare la corrente/modello principale/di massa (mainstream) della società. Alcuni individui travalicano il confine tra pensieri radicali e azioni violente; ma i pensieri radicali non necessariamente danno origine a comportamenti violenti. Di conseguenza, alcuni esperti distinguono tra radicalizzazione cognitiva e comportamentale.
Inoltre, radicalizzazione ed estremismo sono concetti relativi e dipendenti dal contesto. Ciò implica che il loro significato dipende da quello che è considerato come “comune”, “normale” e “legale” in una data società: “Quello che per un uomo è terrorismo, per l’altro è combattere per la libertà”.
IL PROCESSO RADICALIZZAZIONE
Fonte: Randy Borum, 2011
Nel corso degli ultimi 20 anni, ricercatori e professionisti hanno sviluppato una grande varietà di modelli per spiegare il processo di radicalizzazione. Tra i modelli più noti sono quelli sviluppati da Randy Borum e Fathali M. Moghaddam (Borum, R., 2011): “Radicalizzazione nell’estremismo violento II”. Journal of Strategic Security n°4.
Randy Borum mira a combinare i fattori comuni dei processi di radicalizzazione in un modello a quattro stadi.
Il modello illustra come l’esperienza di lamentele, la discriminazione e la vulnerabilità a poco a poco vengono traslate su fattori esterni, che si tratti di persone, gruppi o la società in generale. Passo dopo passo, i giovani dirigono la loro aggressività ad un certo nemico: “Attribuzione: È colpa tua”. L’ultima fase prevede il disprezzo e la demonizzazione e/o disumanizzazione del responsabile, e in questa fase alcuni individui possono commettere atti violenti.
Similmente, il modello Fathali M. Moghaddam’s è chiamato “scala al terrorismo”.
Moghaddam, Fathali M. (2005): “La scala al terrorismo. Una spiegazione psicologica”. In American Psychologist”
Nel modello scalare, il processo di radicalizzazione inizia con esperienze di lamentele e ingiustizia. Così, il piano terra del modello può includere molte persone. Molti giovani sarebbero d’accordo con l’esperienza di ingiustizia, e possono spesso apprezzare e persino sostenere coloro che scelgono di agire e fare qualcosa al riguardo.
Un numero sempre più piccolo di individui procede fino ai piani superiori del modello scalare. Tuttavia, solo pochissimi individui salgono all’ultimo piano, dove “affiancano meccanismi inibitori” e commettono atti violenti.
Altri modelli introducono ulteriori fasi intermedie. Tuttavia, nonostante le variazioni, questo tipo di modelli procedurali generalmente solleva simili domande importanti come:
- Quali fattori innescano il processo di radicalizzazione?
- Perché individui con le stesse caratteristiche non si radicalizzano?
- Quando e perché alcuni individui arrivano fino all’ultima fase verso l’estremismo violento?
- È possibile interrompere il processo e forse essere ri-coinvolti sulla stessa o un’altra fase in seguito?
- Quali fattori e meccanismi sono determinanti per gli individui per fermare il processo?
- Quando e perché gli individui progrediscono da una fase all’altra?
FATTORI DI RADICALIZZAZIONE
La posizione generale tra ricercatori e professionisti di oggi è che non c’è una singola causa di radicalizzazione, ma piuttosto una miscela complessa di fattori contestuali su diversi livelli:
“La Radicalizzazione è il fenomeno legato al contesto per eccellenza. Fattori globali, sociologici e politici importano tanto quanto quelli ideologici e psicologici”.
(Commissione europea, il gruppo di esperti sulla Radicalizzazione Violenta (2008): “Radicalisation processes. Leading to Acts of Terrorism
Non esiste un unico modello che può integrare tutti i fattori e meccanismi. La ricerca ha identificato una lunga lista di fattori che portano alla radicalizzazione. Ad esempio, Magnus Ranstorp (“The Root Causes of Violent Extremism – RAN Issue Paper 04/01) ha sottolineato i seguenti fattori:
Fattori individuali
I sentimenti di alienazione dalla società, umiliazione e vittimismo, teorie del complotto.
Fattori sociali
Esclusione e discriminazione, comunità isolate, disoccupazione, livello di istruzione, il contatto con i coetanei appartenenti alle reti radicali.
Fattori politici
“I paesi occidentali sono in guerra con l’Islam”, islamofobia.
Fattori ideologici/religiosi
Interpretazione violenta dell’Islam, visione della società occidentale come immorale.
Crisi d’identità e culturale
Mancanza di appartenenza, ribellione contro i valori della società tradizionale e i genitori.
Traumi e altri meccanismi scatenanti
PTSD, decesso di membri della famiglia.
In altre interpretazioni (Mhtconsult 2010 e 2012), i fattori scatenanti hanno avuto origine da segni concreti ed esterni come:
- Segni di cambiamento sulla base dell’immagine: nei quali i giovani cambiano la loro immagine, per esempio, nel loro modo di vestire, nel loro uso di simboli politici-ideologici o religiosi, ecc.
- Segni di cambiamento comportamentale: nei quali i giovani cambiano il loro aspetto comportamentale in modo visibile.
- Segni di cambiamento sulla base dell’atteggiamento: nei quali i giovani cambiano i loro punti di vista, simpatie e set di valori.
- Segni di cambiamento relazionali: nei quali i giovani abbandonano la loro cerchia attuale di conoscenze e si associano con nuovi gruppi sociali, politici o religios
Anche se non v’è consenso completo su ciò che è la prevenzione, molti dei fattori di rischio sono ben noti. Questa conoscenza è resa operativa in precauzioni preventive concrete e interventi sulla base delle definizioni di lavoro.
V’è stata una grande enfasi sulla necessità di trovare strategie efficaci per combattere la radicalizzazione attraverso la mobilitazione ed il rafforzamento dei governi locali, degli educatori, degli operatori sociali e giovanili e della società civile. L’obiettivo è quello di creare consapevolezza e resilienza tra gli individui non-radicalizzati contro l’attrattiva dell’estremismo violento.
Il livello generale della prevenzione è chiamato anche prevenzione primaria o generica. A questo livello, il gruppo target sono tutti i bambini e i giovani, nonché – in modo indiretto – i professionisti che lavorano con i bambini ei giovani nella comunità locale. L’enfasi è sulla creazione di consapevolezza e conoscenza e nella riduzione i potenziali fattori di rischio, concentrandosi su risorse personali positive. Pertanto, l’obiettivo complessivo degli sforzi di prevenzione generale è quello di incoraggiare i giovani individui a diventare cittadini democratici attivi.
C’è un alto grado di coincidenza tra la prevenzione generale e gli obiettivi delle attività normali/professionali nel campo dell’istruzione e del lavoro dei giovani. Attività di prevenzione generale possono consistere in:
- Lo sviluppo di resilienza
- La formazione della collaborazione sociale e della comunicazione
- Il rafforzamento del pensiero critico e della comprensione dei valori democratici
Un secondo livello di prevenzione più specifica è anche detto secondario o indicato appunto come prevenzione specifica. A questo livello, il gruppo target è chiaramente definito e le attività di prevenzione devono essere progettate per corrispondere al gruppo target. Il gruppo target può essere definito da:
- Individui che vivono in zone a rischio, con molti casi di radicalizzazione (per esempio Molenbeek in Belgio)
- Individui che mostrano interesse o sono già a contatto con movimenti e gruppi radicali
- Individui che mostrano un comportamento preoccupante
Le attività possono essere:
- Co-produrre un programma di prevenzione con una comunità locale in un’area con casi di radicalizzazione al fine di rendere portavoce i giovani di questa zona nei confronti delle autorità locali e dei professionisti che operano nel campo della prevenzione. Un esempio a questo livello è il progetto COCORA (2017): “The COCORA Handbook Collection”.
Il livello mirato di prevenzione è anche chiamato prevenzione terziaria. Il gruppo target sono gli individui che sono coinvolti nell’estremismo violento. L’obiettivo è quello di diminuire l’escalation della radicalizzazione (de-radicalizzazione) e fornire programmi di uscita per coloro che vogliono abbandonare o sono propensi ad aprirsi a ricevere il supporto per l’abbandono. Le attività possono essere:
- Sostenere il cambiamento di modelli di comportamento e la connessione tra il pensiero e il comportamento utilizzando metodi di dialogo cognitivo.
NESSUN SEGNO EVIDENTE O PROFILI
Come abbiamo visto, ci sono molti background e molti diversi fattori coinvolti nei processi di radicalizzazione tra le persone e i gruppi. Non è possibile stabilire una semplice causalità e una spiegazione unidimensionale sul motivo per cui le persone diventino radicali. Come indicato sopra, tentativi sono stati fatti tra i ricercatori per stabilire specifici profili di persone, che diventano radicali, o per creare elenchi di segni che i professionisti devono cercare, al fine di individuare le persone a rischio o in un processo di radicalizzazione (Borum , R., 2004).
Analogamente, sono stati suggeriti modelli con fasi identificabili che le persone attraverseranno nei processi di radicalizzazione (Silber, MD & A. Bhatt, 2007). Tuttavia, questi tentativi di creazione di liste e modelli sono stati criticati su diversi piani dal punto di vista che è pericoloso semplificare i vari processi tra individui e gruppi in contesti diversi. C’è il pericolo di trarre conclusioni troppo generali su una base ristretta di prove, derivate da pochi e selezionati casi di persone che hanno commesso attacchi terroristici, così come il rischio di produrre una discriminazione controproducente e una stigmatizzazione a causa dei profili stereotipati basati su certi stili di vita, origini etniche e religiosità, che porta al sospetto di un gran numero di persone (Velthuis, T. & Staun, J., 2009).
In conclusione, non si può contare sul produrre un elenco chiaro di segni per i professionisti da usare come dispositivo di screening. Tuttavia, una serie di ricercatori e politici sottolineano che i professionisti nelle scuole giocano un ruolo importante per anticipare e prevenire la radicalizzazione e l’estremismo (Rambøll, 2016; Asterisk 2016; Soei, A., 2018).
IL RUOLO DELLA SCUOLA NELLA PREVENZIONE PRECOCE E GENERALE DELLA RADICALIZZAZIONE
Secondo i ricercatori e i politici a livello internazionale, la sfida di prevenire l’estremismo e la radicalizzazione tra i giovani deve essere affrontata attraverso il coinvolgimento dei bambini e dei giovani nelle loro società e comunità, verificando le loro possibilità e il desiderio di partecipare al rinnovamento della democrazia. La scuola è un’istituzione formativa e svolge un ruolo importante nella formazione continua di una società democratica vivace e impegnata. Cruciale per questo sviluppo è che le scuole abbiano successo nel creare dei contesti per il senso di inclusione e appartenenza degli studenti, per la loro fiducia nell’essere parte della comunità di classe e della società in generale con diritti e possibilità di partecipazione, e per il loro sviluppo di curiosità e senso critico. Come tale, è una preoccupazione della scuola se gli studenti sentono una mancanza di fiducia nella classe e nella società circostante, sperimentano discriminazione e stigmatizzazione, o se gli studenti esprimono pregiudizi negativi su gruppi di persone e, magari, mostrano legittimazione della violenza nei confronti di parte della popolazione. Questi sono segni di preoccupazione, che la scuola ha responsabilità, così come possibilità di affrontare.
La domanda allora è come possono professionisti nel contesto scolastico lavorare con queste importanti e stimolanti questioni? Un meta-studio (agglomerato di 34 studi) sugli interventi nel contesto scolastico finalizzati alla prevenzione della radicalizzazione, indicano cinque aspetti decisivi che possano attivare un effetto positivo, portando alla prevenzione della radicalizzazione (Rambøll, 2016).
Questi aspetti includono:
- La costituzione di rapporti di fiducia tra insegnante e allievo, e tra gli studenti.
- Spazio per il dialogo, la riflessione ed il pensiero critico nella classe e nel contesto scolastico.
- Un ambiente di insegnamento che contribuisca all’empatia, la comprensione e la tolleranza con gli altri e con punti di vista diversi dal proprio. È importante che prospettive diverse vengano rese visibili, che gli allievi siano esposti a una varietà di punti di vista e modi di vivere, acquisendo la capacità di vedere le cose dalla prospettiva degli altri, e di poter esprimere le loro opinioni senza venir incontro a pregiudizi.
- L’acquisizione da parte degli alunni di conoscenze e competenze sui diritti umani, comprensione della democrazia, dei conflitti e come affrontare i conflitti, e di una visione generale nelle possibilità e nei diritti come membro attivo della società.
- Un senso di appartenenza, rispetto ed inclusione nella classe e nella scuola, e nell’insegnamento e contesti di apprendimento, che ogni alunno possa sperimentare.
LA NECESSITÀ DI SVILUPPO DI CAPACITÀ E FORMAZIONE PROFESSIONALE CONTINUA TRA I PROFESSIONISTI
Il meta-studio conferma, come indica anche l’altra ricerca, il fatto che lo sviluppo di competenze e la formazione professionale continua degli insegnanti e dell’altro personale scolastico possano avere effetti sulla prevenzione della radicalizzazione (Bonell, Joe, Phil Copestake AO, 2011). Lo sviluppo della capacità in primo luogo lavora per prevenire la radicalizzazione quando mira a qualificare la capacità degli insegnanti di supportare e facilitare dibattiti riflessivi e il dialogo in classe in modo un che tutti gli studenti abbiano spazio per esprimere i loro punti di vista, in un ambiente dove il disaccordo e il pluralismo sono visti come una condizione di base e costruttiva in una comunità (Rambøll, op.cit. Laird Iversen, L., 2014). L’insegnante deve facilitare un contesto in cui è considerato proficuo e legittimo riflettere su norme e idee così come su ideali e modi di vivere che sono altrimenti dati per scontati. L’insegnante deve lavorare per la creazione di una “comunità di disaccordo” costruttiva in classe, per gestire divisioni e polarizzazioni, e di uno spazio sicuro dove è considerato costruttivo interrogarsi sui nostri pregiudizi di ogni giorno, in modo da impegnarsi ad andare oltre le categorie e gli stereotipi, e costruire fiducia e appartenenza in classe, così come in una comunità più grande caratterizzata dal pluralismo.
Questo approccio e modo di pensare è supportato da una comprensione della democrazia come essenzialmente plurale e conflittuale, e di un’interazione democratica caratterizzata dal disaccordo, continua lotta per le idee e per giungere a compromessi, in contrasto con l’obiettivo di raggiungere consenso (Mouffe, Chantal, 2004). L’unità basata sulla similarità e sul consenso stabile sarebbe una contraddizione in una democrazia e segno di una crisi democratica. Conformemente è visto l’impegno civico democratico, non come qualcosa in cui bisogna prima imparare alcuni codici o possedere certe competenze, prima di ottenere l’accesso e il permesso di partecipare come cittadino democratico (Biesta, Gerd, 2013). Questo sarebbe andar contro l’idea di democrazia e di uguaglianza come esseri umani e cittadini. Si è inclusi come membri fin dall’inizio, e la democrazia deve essere modellata e rimodellata da giovani e nuovi cittadini, così come da altri, come persone che si impegnano con le loro visioni e modelli di partecipazione democratica. Il ruolo delle scuole in questo processo è quello di creare un contesto fertile per questo impegno critico sociale e democratico e senso di appartenenza da sviluppare tra i giovani.
LE SCUOLE COME CO-CONSTRUTTRICI DI MARGINALITÀ, ESTREMISMO E RADICALIZZAZIONE
Se la scuola ha un ruolo vitale da svolgere nella prevenzione dell’estremismo, alcuni ricercatori al contrario indicano che le scuole e gli insegnanti in realtà possano contribuire alla costruzione di posizioni di radicalizzazione e di opposizione tra gli alunni (Gilliam, L., 2010).
La scuola si basa su certi codici culturali, modi di parlare, letteratura e spesso un’identità religiosa prevalente, che sono collegati alla popolazione di maggioranza della classe media (Bourdieau e Passeron, 1990).
I bambini e ragazzi appartenenti a minoranze etniche e/o ad altri ambiti di provenienza socio-economica rispetto a quelle dominanti, incontrano questa egemonia culturale a scuola e possono sperimentare esclusione ed emarginazione culturale. Gli studenti sentono che la cultura della maggioranza è così dominante, che si sentono etichettati diversamente se non rientrano nelle aspettative del bambino “normale”. La sensazione di essere diversi, non riconosciuti, identificati con una religione ed etnia sconosciute e incapaci di essere all’altezza delle norme e criteri specifici, possono portare alla creazione di un’identificazione contrapposta. A volte una cultura anti-scuola e a volte la ricerca di altre comunità per ottenere riconoscimento. Questo può portare a un circolo vizioso di alienazione dalla scuola in cui ci si sente di non poter aver successo e partecipare, comportamento di opposizione, ulteriore esclusione, ecc.. Questa ricerca indica il rischio della scuola nell’essere parte di una costruzione di marginalità, che può portare alla creazione di una controcultura, dove i giovani costruiscono un’identità sull’essere diversi da quello di cui non possono essere parte a scuola. Contrariamente a questo, se la scuola e gli insegnanti sono consapevoli di questi meccanismi, del loro importante ruolo come micro-società e ottengono capacità e motivazione nel lavoro verso l’inclusione, l’appartenenza e la fiducia come cittadini partecipanti tra i bambini e i giovani attraverso le diversità, possono avere un effetto straordinario, tra cui l’anticipazione e la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo.
ULTERIORI LETTURE E LETTERATURA
Stephens, W., Sieckelinck, S., Boutellier, H., (2019), Preventing Violent Extremist: A Review of the Literature, Studie in Conflict & Terrorism, DOI
Center for the prevention of radicalization leading to violence: https://info-radical.org/en/
Danish Government (2016): “Preventing and countering extremism and radicalization . National Action Plan”.
Borum, R (2011): “Radicalization into violent extremism II”. Journal of Strategic Security no. 4
Moghaddam, Fathali M. (2005): “The staircase to terrorism. A psychological explanation”. In American Psychologist.
The European Commission, Expert Group on Violent Radicalisation (2008): “Radicalisation processes. Leading to Acts of Terrorism”.
Ranstorp, M. (2016): “The Root Causes of Violent Extremism”. RAN Issue Paper 04/01.
Mhtconsult (2010, only Danish version): “Active citizenship through targeted inclusion. Mapping and analysis of me-thodical development and competence needs in encounters with radicalized youth among frontline workers in the City of Copenhagen”.
Mhtconsult (2012): “Deradicalisation – targeted intervention. Report on Danish pilot experience with deradicalisation and prevention of extremism”.
Hemmingsen, A. (2015): “The Danish Approach to Countering and Preventing Extremism and Radicalisation”.
One example on this level is the COCORA project (2017): “The COCORA Handbook Collection”.
Borum, R. (2004): “Psychology of Terrorism, Psychology of Terrorism Initiative”. Sagemann, M. (2004): ”Understand-ing terror networks”.
Rambøll (2016, only Danish version): ”Literature Study on prevention of radicalisation in schools”.
Silber, M. D. & A. Bhatt (2007): “Radicalisation in the West: The Homegrown Threat”. PET, Center for Terror Analysis : “Radikalisation and terror”.
Velthuis, T. & Staun, J. (2009): “Islamist radicalization: A root cause model”.
Rambøll (2016), Asterisk (2016), Soei, A. (2018a, only Danish version): ”Omar and the others. Angry young men and citizenship”.
Soei, Aydin (2018b, only Danish version): ”The school is the most important guard against racicalisation”.
Asterisk (2016, only Danish version): ”Pedagogics can prevent radicalisation”. R
AN Policy Paper (2018): “Transforming Schools into Labs for Democracy. A Companion to Preventing Violent Radicalization through Education”.
Bonell, Joe, Phil Copestake a.o.(2011): “Teaching approaches that help to build resilience to extremism among young people”.
Rasmussen, L. Kofoed (2019, only Danish Version): ”The role of the school in the prevention of radicalisation”.
Rasmussen, L. Kofoed, Neergaard Hansen, Dalum Christoffersen, Jensen, U. Højmark (2018, only Danish version): ”Democratic communities. Prevention of polarization and exclusion in school”.
Certa (2015, only Danish version): ”Resilience against radicalisation and violent extremism. An explorative study of resilience within selected communities”.
Laird Iversen, L. (2014, only Danish and Norwegian version).” Disagreement communities. A look at democratic interaction”.
Mouffe, Chantal (2004): “Pluralism, dissensus and democratic citizenship”.
iesta, Gerd (2013): “Learning Democracy in School and Society.
Gilliam, L. (2010, only Danish version): ”The unintentional integration: the school’s contribution to migrant childrens Muslim identity and community”.
Lagermann, L. Colding (2019, only Danish version) ”Colour-blind expectations”.
Bourdieau & Passeron (1990): “Reproduction in Education, Society and Culture”.
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